mercredi 22 mai 2013

CHIESA NEL PERIODO DAL 150 AL 300

Il Scriba Valdemir Mota de Menezes leggere il testo qui sotto e raccomanda come una lettura illuminante sulla storia della Chiesa. Fonte: http://digilander.libero.it/longi48/Chiesa%20Antica.html LA CHIESA NEL PERIODO DAL 150 AL 300 Fino al 150 la chiesa era poco conosciuta e ritenuta una variante del Giudaismo. Ma dal 150 in poi le autorità civili e la stessa società dovettero prendere atto della diffusione delle chiese e del loro rapido espandersi. Di fronte a questa nuova dottrina, che in vario modo interferiva con la vita pubblica e sociale e spingeva ad interrogarsi e a confrontarsi, nascono le prime reazioni di diffidenza, che spesso sfociavano in atteggiamenti persecutori o in vere e proprie persecuzioni, benché episodiche e quasi mai sistematiche se non a partire dal 250 fino al 305. Intorno al 200 l’Impero Romano era di circa 70 milioni di abitanti e in esso i cristiani erano circa 700.000/1.000.000. La presenza dei cristiani, ovviamente, non era omogeneamente diffusa, ma presentava una diffusione a macchie di leopardo. Parallelamente a Gerusalemme, dove sorse la prima comunità credente, formata prevalentemente da giudeo-cristiani, sorse ad Antiochia un’altra piccola comunità molto vivace, fondata da cristiani ellenisti. Essa ha costituito la base e il centro di diffusione del cristianesimo paolino e il luogo dove per la prima volta i discepoli di Gesù vennero chiamati cristiani (At 11,26). Altre presenze consistenti di chiese si rilevarono in Asia minore e in Grecia, in Egitto ad Alessandria, fiorente città di cultura e di commercio dove vi era anche una forte presenza di ebrei e dove, intorno al III sec., si avrà un grande sviluppo del cristianesimo; in Africa latina (Libia e Cartagine); in Spagna, ma solo a Tarragona; in Francia, ma solo a Lione e Vienne. In Germania, invece, non si rileva nessuna presenza cristiana prima del III° sec. Molte, invece, sono le comunità cristiane nell’Italia del sud. Dal 200 al 300 la popolazione dell’Impero romano si riduce a 50 mil.; il calo di 20 mil. è dovuto prevalentemente alle guerre e alle pestilenze. Intorno al 300 la presenza cristiana nell’impero era di circa 10 mil. Apologie dei Padri della Chiesa Alla fine del I° sec., dopo l’epoca dell’età apostolica conclusasi con la morte di Giovanni, si apre l’età dei Padri della Chiesa che si possono definire come i primi teologi, filosofi e giuristi; questi presero le difese della dottrina della Chiesa. I Padri si possono raggruppare in greci e latini e suddividere in tre periodi : - Dalle origini al Concilio di Nicea (325) - Da Nicea a Calcedonia (451) - Dal V° all’ VIII° sec. Essi si cimentarono su quattro linee di difesa: contro il Giudaismo; contro il Paganesimo greco-romano; contro gli Gnostici; contro le eresie trinitarie e cristologiche. Apologie contro il Giudaismo Tra i padri più importanti si ricorda S.Giustino con la sua opera “Dialogo con Trifone” e il trattato “Contro i Giudei” di Tertulliano. Il “Dialogo con Trifone” è il più antico scritto cristiano antiebraico pervenutoci. E’ un’opera che si sviluppa in 142 capitoli. Viene riportata una lunga discussione, durata due giorni e avvenuta ad Efeso, tra Giustino e un ebreo colto, forse il rabbino Tarfon. Nell’opera Trifone accusa i cristiani di : - aver abbandonato il monoteismo dei padri; - aver tradito l’attesa messianica; - essersi esonerati dall’osservanza della Legge. Ribatte Giustino : - i cristiani non hanno abbandonato il monoteismo, poiché il Dio dei Padri è il Padre stesso di Gesù; - la Legge ha avuto una funzione pedagogica: ci doveva portare fino a Gesù; ora lui è la vera ed eterna Legge per l’umanità; - Gesù è il vero Messia ed è la chiave di lettura di tutta la Bibbia. L’opera di Tertulliano “Contro i Giudei” ricalca un po’ lo schema del “Dialogo con Trifone” di Giustino. L’opera riassume il dialogo durato un giorno intero tra un cristiano e un ebreo e messa per iscritto per chiarire la verità. La sua fonte primaria è il “Dialogo con Trifone” ed è un’opera rimasta allo stato di abbozzo. Apologie contro il Paganesimo greco-romano Il contesto socio-culturale Già si è sopra accennato come il diffondersi del cristianesimo aveva provocato una reazione sociale e culturale nell’ambiente pagano, che si vide nella necessità di confrontarsi con questa ormai diffusa religione che ne metteva in discussione dèi e tradizione dei padri. Aspetti sociali Le accuse principali, rivolte contro i cristiani, furono sostanzialmente tre: - Lesa divinità - Lesa maestà - Inerzia Lesa divinità: il culto pubblico nell’Impero romano era un atto di riconoscimento ufficiale in cui si ringraziavano gli dèi di aver voluto Roma e il suo Impero. Quindi era un riconoscere che alla base di Roma e del suo Impero c’era la volontà divina. Non partecipare a tale culto significava offendere tale fede e lo Stato romano stesso. Pertanto, chi non partecipava veniva imputato del “Crimen lesae maiestatis”; un’accusa questa che veniva applicata solo in casi particolari o in situazioni di eventi eccezionali. Lesa maestà: gli imperatori erano considerati “divini” e, pertanto, come tali erano oggetto di culto. Chiaramente i cristiani non potevano aderire al culto dell’imperatore, per cui venivano accusati di “Lesa maiestatis”. Inerzia: Marco Aurelio accusava i cristiani di essere dei disfattisti, che non si curavano dell’Impero e della cosa pubblica. Tale idea se l’era formata dai montanisti i quali, attendendo la fine dei tempi e il giudizio finale, si disinteressavano dei beni presenti. Oltre a ciò, egli rilevò come i cristiani non si interessassero alla carriera pubblica; da ciò trasse la convinzione che ad essi non interessava lo Stato e, pertanto, venivano tacciati di neghittosità. In realtà i cristiani non aspiravano a cariche pubbliche perché questo comportava la partecipazione al culto pubblico e dell’imperatore, cose, ovviamente, proibiti dal cristianesimo. Aspetti culturali La Filosofia, così tradizionalmente cara ai greci, era concepita come una formazione e un’arte del vivere. Essa era un veicolo di tradizioni e affondava le proprie radici nell’antichità. Logos e Nomos erano le due vie dell’educazione alla vita. Il Logos esprimeva la sapienza degli antichi padri accumulata nel corso dei secoli, mentre l’antichità forniva pregio agli insegnamenti. Ma il Logos esprimeva anche il Nomos che, invece, codificava e regolamentava il modo di vivere proposto dal Logos. L’accusa contro i cristiani, quindi, si riassumeva nei termini di “ignoranza e presunzione”, in quanto essi vogliono scalzare l’antica sapienza dei padri con la loro “filosofia” assurda di recente costituzione. Essi sono, dunque, ignoranti e presuntuosi. Per i Romani i cristiani erano pericolosi perché hanno abbandonato il Mos Maiorum che ha fatto grande Roma. Ma che cos’era il Mos Maiorum? Per Cicerone era la Religio, cioè la fedeltà alla divinità; mentre per Tito Livio era la capacità, che i Romani hanno avuto, di saper prendere da tutti i popoli conquistati il meglio delle loro culture e religioni. Ma il popolo come considerava i cristiani? Esso si esprimeva prevalentemente secondo queste tre linee: - Loda i cristiani per le loro virtù; - Accusa i cristiani di essere la causa di tutte le disgrazie perché hanno offeso gli dèi abbandonandoli. - Si danno a pratiche cannibalesche, riferendosi chiaramente all’eucaristia. In questo clima e in questo contesto culturale nascono nei momenti di crisi le persecuzioni e si sviluppa il terreno fertile per le Apologie.

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